Megamacchine digitali di massa

L’analisi di Milani è molto chiara:

[Le] Megamacchine, come le chiamava Lewis Mumford (…), implicano concatenazioni di tipo capitalista, che tendono innanzitutto a riprodurre e intensificare il valore, e concatenazioni di carattere intrinsecamente dispotico, cioè tipiche del despotes: del sovrano dominante. Generano dipendenza, sfruttamento, impotenza degli esseri umani ridotti a compratori e servi; dal canto loro, le macchine sono ridotte a meri supporti dell’automazione dei rapporti sociali. Concatenazioni di tipo capitalista e dispotico tendono caratterizzare, a maggior ragione, le Megamacchine digitali di massa, che a prima vista si prendono cura delle relazioni, facilitando la comunicazione nel frenetico caos quotidiano e andando a scovare le informazioni adatte a ciascuno. Vengono inoltre presentate come sistemi che si prendono cura dell’organizzazione di agende sempre più complicate (…). Sono caldamente consigliate per occuparsi efficientemente della pianificazione di spostamenti e viaggi sempre più frequenti e necessari, per non perdere opportunità professionali e occasioni di svago. Sono considerate indispensabili per gestire oculatamente i risparmi e gli investimenti (…) E, ultimo ma non meno importante, si prendono cura di selezionare acquisti, film, musica e anche potenziali partner sulla base dei (meta)dati in loro possesso. Va notato che l’aspetto dispotico è conforme all’intensificazione del dominio a tutti i livelli. Il dispotismo dello Stato sovrano che governa, controlla, irreggimenta e opprime i suoi sudditi procede di pari passo con il dispotismo dell’individuo che si erge a piccolo tiranno di sé stesso, oltre che dei suoi simili e degli altri esseri viventi e non viventi. Mai sazio, senza alcun riparo in un mondo che esige livelli di prestazione sempre crescente, costantemente in preda a una qualche emergenza, frustrazione, desiderio, mancanza… tutti problemi che il piccolo despota tende a risolvere con una soluzione tecnologica.

Ma in definitiva, prima di puntare il dito contro lo strapotere della Tecnica e rimpiangere i bei tempi andati, cadendo nell’insostenibile posizione primitivista, è importante ricordare che queste Megamacchine non sono sistemi separati dalle controparti umane; non sono sistemi che agiscono alle loro spalle e contro il loro volere, mosse da un’oscura macchinazione. Come le Megamacchine imperiali antiche, ad esempio l’organizzazione dispotica dell’antico Egitto che servì alla costruzione delle piramidi (la prima Megamacchina secondo Mumford), così le Megamacchine reticolari globali sono composte di esseri umani ed esseri tecnici insieme. Per semplicità le chiamiamo Megamacchine digitali, ma dobbiamo ricordare che funzionano grazie alla compiaciuta partecipazione degli esseri umani, lieti di lasciare l’iniziativa a chi ne sa, a chi può e vuole occuparsene, un po’ come accade con gli esperti umani. Grati di lasciar scegliere un sistema esperto piuttosto che affrontare l’immane fatica di scegliere per conto proprio, affidandosi al parere autorevole di persone di cui ci si fida, selezionando fra una quantità di scelte potenziali che pare illimitata ma che è, nei fatti, sempre più omologata. Le Megamacchine digitali sono in effetti il combinato disposto di esseri umani, esseri tecnici e delle loro interazioni orientate al condizionamento reciproco in un quadro gerarchico fisso. I condizionamenti sono orientati a rinforzare comportamenti e reazioni automatiche di comando/obbedienza. Il tutto non tramite la coercizione violenta, ma attraverso rinforzi positivi tipici dei sistemi premiali.