Uno spettro si aggira nel Corporate Platform Complex

Terranova apre il proprio nuovo libro con un concetto “spiazzante”:

L’infrastruttura che oggi costituisce la manifestazione dominante della connettività digitale non sembra essere esattamente ciò che i decenni precedenti chiamavano “Internet”, piuttosto appare come un complesso di servizi online di proprietà privata che si definiscono “piattaforme”. Questo Corporate Platform Complex (CPC) è attualmente governato da una manciata di aziende molto grandi e potenti (note anche come Big Tech) che portano nomi come Google/Alphabet, Amazon, Apple, Facebook/Meta, Microsoft, Alibaba e Tencent. In effetti, il Corporate Platform Complex è cresciuto così potente che la pandemia ha effettivamente agito da stimolo verso di esso. Nel 2020 e nel 2021, mentre l’economia globale si è ridotta in modo significativo nel suo insieme, la ricchezza del CPC è aumentata vertiginosamente poiché coloro che erano confinati a casa o limitati nei movimenti si sono trovati a fare affidamento più che mai sulla connettività digitale. Il cosiddetto impulso digitale del 2020, infatti, non solo ha reso Big Tech complessivamente più ricca, ma ha aperto nuovi mercati (videoconferenza, formazione a distanza) e incoraggiato sogni sempre più espansivi. L’iniziativa Metaverse, ad esempio, lanciata dalla società precedentemente nota come Facebook nel 2021, mira a rendere ordinaria l’esperienza pandemica di apprendimento, lavoro, socializzazione e gioco a distanza, immaginando un futuro cripto-economico, simile alla Pixar, aumentato /mondo virtuale, dove il digitale e il reale diventano percettivamente indistinguibili. (…). Nel complesso, c’è stato un passaggio significativo da Internet come insieme di protocolli di rete interoperabili governati da una serie di organizzazioni pubbliche e/o volontarie senza scopo di lucro, a comunità digitali chiuse con una forte proprietà di dati, software e infrastrutture. Tecnicamente, il CPC si è allontanato dalla centralità simbolica delle architetture peer-to-peer verso una centralità molto più forte del cloud computing corrispondente al passaggio dal desktop ai dispositivi mobili (…) Anche la trasformazione economica del networking digitale è nettamente evidente, poiché un’infrastruttura tecnologica che supportava principalmente usi pubblici o senza scopo di lucro si è trasformata in un gigantesco ambiente commerciale e industriale caratterizzato da alti gradi di concentrazione. È necessaria una stretta relazione con il capitale finanziario (…) per ottenere un punto d’appoggio nella corsa alla continua interruzione dei mercati esistenti (ad esempio, trasporti, turismo e consegna di cibo). Gli effetti di rete consentono alle piattaforme di successo di creare monopoli che supportano “ecosistemi” composti da una moltitudine di agenti economici più piccoli che dipendono completamente per il loro sostentamento dagli attori più grandi (…) Il consenso sembra essere che l’utente si sia trasformato da padrone a tossicodipendente (…) Internet (…) [è] diventata una tecnologia residua, ancora “un elemento effettivo del presente”, ma meno leggibile e intelligibile rispetto a prima. Continua ad esistere, ma interstizialmente, in modi quasi mai percepibili da quelle grandi e potenti entità che l’hanno superato. Standard e protocolli sviluppati nell’ambito del progetto di creazione di Internet come rete pubblica e aperta funzionano ancora, ma sono sempre più sepolti sotto uno spesso strato di quelli aziendali. (…) Allungandosi con i loro tentacoli di data mining, i nuovi proprietari del mondo digitale hanno, come direbbero i marxisti, sussunto Internet, cioè trasmutato, inglobato, incorporato, ma non necessariamente battuto o dissolto. In quanto entità sussunta, (…) una presenza spettrale che infesta il Corporate Platform Complex con gli spettri delle speranze e dei potenziali del passato. Così, laddove il CPC mostra una crescente concentrazione di controllo, lo spettro di Internet persiste come un’aspirazione molto più muta, ma percepibile, verso un’inedita distribuzione del potere di conoscere, comprendere, coordinare e decidere. Mentre le piattaforme ci chiedono di accettare contratti (“termini e condizioni”) che conferiscano loro il potere sovrano di chiudere, espellere, interdire e cancellare chi non li rispetta, lo spettro di internet rimane come possibilità di connettersi attraverso forme tecniche che non trasferiscono la proprietà dei dati o il controllo dell’uso. Poiché le piattaforme impongono una rigida asimmetria tra server e client, Internet insiste affinché tutti i nodi possano essere peer. In contrasto con il degrado del dibattito pubblico per amore di un impegno misurabile causato dal CPC, il fantasma di Internet sussurra la possibilità di nuovi tipi di intelligenza collettiva. E mentre l’economia della piattaforma trasforma il lavoro digitale in lavoro occasionale e precario, l’Internet dei morti viventi insiste sulla superiorità della produzione basata sui beni comuni sull’accumulazione proprietaria del capitale e dei valori sociali (etici, esistenziali, estetici) sull’imperium della monetizzazione o del valore di scambio. (T. Terranova, “After the Internet. Digital Networks Between Capital and the Common”, Semiotext(e) – traduzione in proprio)

Internet è libero? – da Limes online