Come chiarisce Eyal Weizman:
Il negazionismo della virgolette “post-verità” non offre un argomento epistemologico sui fatti e su come questi vadano verificati, ma cerca di instillare il dubbio rispetto alla possibilità stessa che ci sia un modo affidabile per farlo. Secondo l’opinione di diversi commentatori, si tratta di una epistemologia oscura che tenta di nascondere invece che svelare le informazioni. (…) Potrebbe essere necessario impiegare la parola”verità”»” in modo diverso. Invece della concezione di verità intesa come una prospettiva singola, a priori e derivante dal latino veritas – che connota l’autorità di un esperto di una disciplina specifica – un termine più adatto al nostro lavoro è verifica. Questa parola si riferisce alla verità non come sostantivo o come essenza ma come una in pratica contingente, collettiva e multiprospettica. [Questo approccio deve superare la separazione tra scienza e arte, perché entrambe hanno interesse a rendere pubbliche le prove per mobilitare coscienze e opinioni] (E. Weizman, “Verifica aperta” – “AI & Conflicts 01”, Krisis Publishing)