Pensiero di valore

Graeber è molto chiaro:

(…) è proprio in quelle dimensioni di attività in cui il lavoro non è mercificato che si parla non di un “valore” astratto ma di “valori” concreti: ad esempio, il lavoro domestico e la cura dei bambini diventano questioni di “valori familiari”; l’impegno per la chiesa, una questione di valori religiosi; l’attivismo politico è ispirato da valori idealistici; e così via. In ogni caso, sembra che valgano alcuni princìpi di base:

1) il valore è il mezzo con cui gli attori rappresentano l’importanza delle loro azioni a se stessi come parte di un insieme più ampio (…);

2) questa importanza è sempre vista in termini comparativi: certe forme di valore sono considerate equivalenti in quanto uniche, ma di solito esistono dei sistemi di classificazione o misurazione;

3) i valori si realizzano sempre per mezzo di pegni materiali di qualche tipo e, in genere, in un luogo diverso da quello in cui questi ultimi sono stati prodotti. Nelle società non capitaliste ciò implica quasi sempre una distinzione tra la sfera domestica, in cui avviene gran parte del lavoro primario di creazione delle persone, e una sfera più pubblica e politica, in cui esso è realizzato, ma di solito con processi da cui sono esclusi le donne e i più giovani, che svolgono il grosso del lavoro e rendono possibile la realizzazione dei pegni di valore. (…) sostengo (…) che [noi esseri umani] siamo certamente processi di creazione, ma che essa è per la maggior parte fatta da altri. Ritengo anche che quasi tutti i desideri, le passioni, gli impegni e le esperienze più intensi nella vita della maggior parte delle persone – i drammi familiari, gli intrighi sessuali, i successi scolastici, l’onore e il riconoscimento pubblico, le speranze per i propri figli e nipoti, i sogni di posterità dopo la morte – hanno sempre ruotato proprio intorno a questi processi di creazione reciproca degli esseri umani, ma che il meccanismo di creazione del valore tende a mascherare questo aspetto, postulando una qualche sfera superiore, di valori economici, o astrazioni idealiste. Tutto ciò è essenziale per la natura della gerarchia (…) e più una società è gerarchica, più è probabile che presenti questo fenomeno. Infine, vorrei suggerire che sono proprio questi meccanismi a far sì che gli storici e gli scienziati sociali possano creare quelle bizzarre semplificazioni della vita e delle motivazioni umane. Il lavoro di creazione e mantenimento delle persone e delle relazioni sociali (e le persone sono, in larga misura, solo il potenziamento interiorizzato delle loro relazioni con gli altri) finisce per essere relegato, almeno tacitamente, al dominio della natura – diventa una questione di demografia o di “riproduzione” – e la creazione di oggetti fisici di valore diventa il principio e il fine di tutta l’esistenza umana. (D. Graeber, “Le origini della rovina attuale”)