Sorveglianza, lavoro, cittadinanza

La sequenza di immagini propone gli aspetti essenziali dei dispositivi di sorveglianza.

Come chiarisce Pieranni, nemmeno in Cina è ancora attivo un sistema unificato di crediti sociali completo.

“Non siamo cioè ancora in presenza di un unico database che determina il punteggio di tutti i cittadini cinesi. Esistono invece diversi sistemi di Scs: il credito sociale applicato alle aziende (tanto governativo, quanto locale), le black list e le red list (entrambe stabilite da organi del governo ma utilizzate in alcuni casi anche dalle aziende private), i progetti pilota di alcune città che sperimentano un vero e proprio punteggio sociale degli abitanti e infine il credito sociale di natura specificamente finanziaria (già in uso anche negli Usa e in alcuni paesi europei), applicato per lo più dalle aziende private. Si tratta di sperimentazioni che nel 2020 saranno valutate dal governo per passare a una fase successiva. (…) Lo scopo finale del governo cinese potrebbe infatti essere il seguente: creare un unico mega-database nazionale nel quale ogni cittadino e ogni azienda avranno un punteggio sociale determinato dal proprio comportamento in termini di affidabilità economica (pagamento di multe, restituzione di prestiti), penale, amministrativa (comportamenti di natura civica, come abbiamo visto in precedenza: suonare il clacson, fare bene la raccolta differenziata, attraversare la strada) e probabilmente sociale (il comportamento on line, ad esempio). A seconda che il cittadino sia più o meno affidabile, avrà dei vantaggi o degli svantaggi. (…) Leggendola dal punto di vista occidentale, si potrebbe sostenere che attraverso sistemi di rating (il giudizio di un servizio o di un comportamento del cliente o utente) e meccanismi di gamificazione (elementi tipici dei videogiochi applicati alla realtà) Pechino stia costruendo uno «Stato di sorveglianza». Si tratta per certi versi (vedremo più in là in quali casi) di una tendenza in atto anche in Occidente; e tuttavia la natura politica e le tradizioni sociali cinesi consentono a Pechino di spingere a fondo in questa direzione, diventando un laboratorio cui guardare con attenzione anche per l’Occidente

Nel curare la voce Sicurezza del Posthuman Glossary, Stephanie Simon ne declina gli aspetti ricorrenti:

“le ambizioni di sicurezza / sorveglianza sono caratterizzate da quanto segue (e il grado in cui una – qualsiasi di queste caratteristiche è nuova è una questione aperta):
– mandato preventivo per agire tempestivamente su futuri immaginari e speculativi;
– pressione per “collegare i punti” di potenziali eventi prima che si verifichino;
– raccolta e analisi di enormi quantità di dati spesso negli spazi dispiegati della vita quotidiana;
– fiducia e investimento nell’analisi tecnologica e algoritmica;
– desiderio di un accesso senza soluzione di continuità e ‘interoperabile’ alle informazioni attraverso tutti i tipi di confini imm / materiali;
– preminenza della circolazione come ciò che deve essere protetto
– mezzo attraverso il quale viene perseguita la sicurezza / sorveglianza.

(,,,) il privilegio tecnologico rischia di dare credito all’abdicazione o alla dislocazione di responsabilità per le decisioni in materia di sicurezza. Le visioni della tecno-sicurezza godono di pretese di visione artificiale pulita, che, si dice, non discrimina ma semplicemente analizza i dati, accede alla verità effettiva della questione attraverso i dati. Decisione e progetto sono spostati in maglie indivisibili e inaccessibili di analisti, algoritmi, segretezza, dati, divisioni giurisdizionali e così via. Ciò crea una condizione in cui è molto difficile individuare e contestare le decisioni, analizzare la responsabilità. Quindi, una domanda è chiedersi come si possa interrogare la responsabilità in complessi assemblaggi materiali, tecnologici e informativi? E considerare come l’ottica di sicurezza / sorveglianza tragga vantaggio dal prestare attenzione all’essere umano come “mai se stesso”, come ambiente / corpi in formazione invischiati.
In secondo luogo, i progressi tecnologici e informativi in ​​primo piano danno troppo credito ai complessi di sicurezza / sorveglianza. (…) Le attuali parole d’ordine sono “interoperabilità” e “consapevolezza della situazione”, che potrebbero forse essere viste come termini artistici postumani, suggerendo come fanno eleganti ibridi di umano, tecnologia, ambiente. Suggeriscono un attore più che umano che vede tutto senza lacune o pregiudizi e prende senza soluzione di continuità decisioni di sicurezza indecidibili.

La questione, inoltre, è diventata cruciale nel dibattito sull’emergenza Covid-19. E anche in questo caso è entrato in azione il pensiero referendario.

Argomentazione tipica dei sostenitori del tracciamento massivo incondizionato è infatti: “Tanto succede già“. Questo modo di “argomentare” invisibilizza la differenza tra un rapporto contrattuale privato e individuale, (apparentemente) consapevole e consenziente  – qual è quello con i player del capitalismo di sorveglianza dei prosumer – e decisioni e pratiche che riguardano la sfera pubblica, i poteri delle istituzioni, la cittadinanza.

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