Controesempi – 1

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Un pessimo documento, devo essere sincero.

Sorvolo sulla venatura profondamente retorica di varie parti del testo, ma per il resto non è davvero il momento di sconti: l’emergenza non giustifica né l’improvvisazione organizzativa né quella politica.

“Sistemi a distanza”, “nuove (sic!) tecnologie”, “dinamiche tecniche”, “didattica a distanza”, “social”, “tecnologia digitale”, “connettività” (tra virgolette già nell’originale), “nuovi media”: queste formulazioni costituiscono il tessuto concettuale della comunicazione del Segretario nazionale della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza ripresa nell’immagine.

I concetti sono tutti dati per scontati, ovvero presentati in forma assoluta e sostanzialmente acritica.

La prospettiva assunta insomma, è quella del senso comune o – meglio ¬ del gergo di settore.

Che a sua volta è compiaciutamente complice del linguaggio tecnocratico e tecnocentrico, quello a cui le piattaforme di intermediazione del capitalismo digitale di sorveglianza riducono definizione, descrizione, analisi, interpretazione e assegnazione di senso del loro modellamento della – appunto – conoscenza, inoculando negli utenti la celebrazione della propria (imprescindibile!) funzione innovativa. Costruendo e consolidando egemonia.

“Sistemi” e “didattica a distanza”, per esempio, sono considerati un insieme unico, nebuloso e indifferenziato, senza alcuna attenzione a gestione e possesso dei dati, licenze, server impiegati, modalità di costruzione ed erogazione dei contenuti, proprietà delle infrastrutture.
“Social” e “nuovi media”, invece, non tengono in minima considerazione gli studi e le riflessioni dei diversi studiosi che negano l’impiegabilità a cuor leggero di queste categorie e ritengono invece necessaria la definizione di un lessico alternativo, che renda visibile ciò che viene celato, in particolare il potere estrattivo, predittivo e cogente degli algoritmi e del sentiment computing (ne cito solo due, Lovink e Zuboff, ma sono ormai e davvero molti di più gli intellettuali che – soprattutto fuori d’Italia – invitano a prendere le distanze dal pensiero mainstream nel campo delle tecnologie digitali).

Con approcci superficiali e posticci come questo, l’occasione storica di costruire emancipazione culturale e professionale è persa in partenza.

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