“Solo chi non conosce nulla di metodologia e didattica può parificare la presenza a distanza (sic!) con l’efficacia dell’insegnamento diretto e della comunità educante, né si può negare che l’apprendimento è fenomeno collettivo garantito soprattutto dall’interazione diretta e dal gruppo-classe”
A parte il paradossale contesto della “presenza a distanza“, se confrontato con altri, l’intervistato appare lì per lì un poco più preparato, avendo fatto qualche lettura di merito. In realtà, condivide la tendenza alla generalizzazione, ovvero la visione della “didattica a distanza” come “unicum”, forma di insegnamento-apprendimento con un unico modello ed un’unica modalità relazionale. Oltre a non prestare a sua volta alcuna attenzione a gestione e possesso dei dati, licenze, server impiegati, modalità di costruzione ed erogazione dei contenuti, proprietà delle infrastrutture, d’Errico mostra di ignorare bellamente che – pur nel contesto liberista della vocazione della “buona scuola” e della formazione mainstream– esistono anche modalità e intenzioni divergenti. La sua posizione finisce quindi per essere solo distruttiva, composta sostanzialmente di veti.