La delocalizzazione non è manco innovazione…

Nick Srnicek chiarisce che:

Le piattaforme lean operano con un modello iper-delocalizzato, ove i lavoratori sono delocalizzati, il capitale fisso è delocalizzato, i costi di manutenzione sono delocalizzati, e la formazione è delocalizzata. Non resta che un estrattivo minimo indispensabile – il controllo sulla piattaforma che consente di acquisire una rendita di monopolio. La parte più conosciuta di queste società è la delocalizzazione dei lavoratori. Negli Stati Uniti, queste piattaforme intendono dal punto di vista legale i propri lavoratori “come collaboratori autonomi” piuttosto che come “impiegati”. Questo permette alle aziende di risparmiare circa il 30 per cento sui costi del personale tagliando i benefit, gli straordinari, i giorni di malattia e altro ancora. Questo implica anche delocalizzare i costi di formazione, visto che è accessibile solo agli impiegati: e questo processo ha condotto a forme alternative di controllo attraverso sistemi legati alla reputazione, che spesso veicolano i pregiudizi di genere e razzisti della società. I collaboratori dunque vengono pagati a incarico: una percentuale su ogni corsa effettuata su Uber, su ogni affitto su Airbnb, su ogni attività completata su Mechanical Turk. (…) [Però] la delocalizzazione del lavoro è parte di un trend in questo senso più ampio e di più lunga durata, che ha preso piede negli anni Settanta. I lavori che interessavano merci oggetto di scambio sono stati i primi a essere esternalizzati, mentre i servizi impersonali li hanno seguiti a stretto giro. Negli anni Novanta la Nike è diventata l’esempio perfetto di questo modello, avendo esternalizzato gran parte del proprio lavoro. Invece di adottare un’integrazione verticale, Nike si è basata sull’esistenza di un piccolo nucleo di disegnatori e brander, i quali poi esternalizzavano la produzione dei propri beni ad altre società. Il risultato è stato che già nel 1996 la gente lamentava la transizione verso un’era della produzione just in time basata su lavoratori “usa e getta”. (…) A tutti gli effetti, il mercato del lavoro tradizionale che si avvicina di più alla piattaforma lean è antico e a bassissima densità di tecnologia: il mercato dei braccianti – lavoratori agricoli, portuali, e altri che percepiscono un salario ridotto – che si presentano in un certo posto al mattino con la speranza di trovare un impiego per quel giorno. Analogamente, una ragione fondamentale per la quale i telefoni cellulari sono diventati essenziali nei paesi in via di sviluppo è che questi sono ora indispensabili per trovare impiego attraverso mercati del lavoro informali. La gig economy, semplicemente, mette questi posti online e vi aggiunge uno strato di vigilanza onnipresente. Uno strumento di sopravvivenza è ora commercializzato da Silicon Valley come uno strumento di liberazione.